Marco Granelli

Le mie idee per l’Italia

LE SFIDE E I VALORI DEL PARTITO DEMOCRATICO

Viviamo un tempo di grande semplificazione e di violente contrapposizioni che alimentano l’idea che ci debba sempre e comunque essere un nemico da combattere e a cui addossare la colpa di una situazione che non ci soddisfa.
Se il presente è deludente, il futuro diventa minaccioso e l’unica via d’uscita appare quella di una rassicurante semplificazione che culla l’illusione di poter semplificare una realtà che è sempre più articolata e complessa.
Non dobbiamo rassegnarci a questa situazione e neppure accettare come se non ci fossero alternative linguaggi e proposte che non appartengono al nostro modo di intendere i rapporti tra le persone, i legami sociali e la necessaria solidarietà che è alla base di una qualsiasi convivenza civile.
In un contesto in cui prevale una sorda indifferenza che sconfina nella disumanità, diciamo con forza che non vogliamo lasciarci rubare la nostra umanità, l’unico punto da cui poter ripartire per costruire il nostro futuro.

LE SFIDE CHE ABBIAMO DI FRONTE

Le istituzioni democratiche, nate da una chiara matrice antifascista, non possono essere calpestate in nome di un mandato popolare che si vorrebbe in grado di superare ogni rispetto di regole sempre più spesso guardate con fastidio. La sovranità, secondo la Costituzione, appartiene al popolo e deve essere esercitata secondo i limiti e i modi che la stessa Costituzione stabilisce, scorciatoie sovraniste e populiste sono tentazioni pericolose che rischiano di scivolare verso forme autoritarie che, nella foga semplificatrice di alcuni, finiscono per evocare con nostalgia pagine buie come quelle del fascismo che, bisogna dirlo con forza, non sono in alcun modo compatibili con la nostra democrazia, nata dalla Resistenza e, giova ripeterlo, fondata sull’antifascismo.

La nostra società è fondata su un modello economico che ha incrementato le diseguaglianze e ha alimentato le esclusioni. Secondo un recente rapporto Oxfam, a metà 2017, il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta. A fare le spese di questa situazione sono i più poveri e vulnerabili, molto spesso donne. Il costante incremento dei profitti di azionisti e top manager corrisponde, anche in Italia, a un peggioramento altrettanto costante dei salari e delle condizioni dei lavoratori. Si diffonde così, anche in settori sociali un tempo sereni, grande incertezza e paura di non farcela. Bisogna porre in atto misure che contrastino la diseguaglianza e consentano agli esclusi di riguadagnare un ruolo sociale ed economico. L’assistenzialismo non basta e rischia, anzi, di approfondire le diseguaglianze. Servono forti interventi redistributivi che passano attraverso un sistema fiscale che trovi nella progressività un suo elemento fondante. L’idea che lasciare più risorse nelle tasche degli individui già benestanti porti a un incremento della ricchezza sociale attraverso logiche di “gocciolamento” verso il basso contrasta con l’aumento vertiginoso delle diseguaglianze che si è manifestato in anni di sviluppo affidati al mercato e a una globalizzazione non regolata.

L’Europa, tanto bistrattata, è un’istituzione di pace e custodisce un modello sociale che ha fatto del welfare un caposaldo contro un liberismo selvaggio e individualista. In un mondo sempre più globalizzato l’Unione Europea è presidio di una visione economica e sociale che pone al centro la persona e una società in grado di dare risposte condivise e solidali. Ai valori fondanti l’unità europea deve però far riscontro un metodo democratico e partecipativo che superi una visione tecnocratica e burocratica per aprire una stagione di condivisione e collaborazione reale tra gli stati membri. Il sovranismo è un virus che debilita l’Europa e crea le condizioni per distruggerla nell’illusione che gli stati nazionali possano difendere meglio i propri cittadini: protezionismo e muri soffocano l’Europa. L’Unione Europea è presidio importante di democrazia e libertà, a partire da provvedimenti apparentemente aridi e complessi che stanno cambiando in meglio le nostre insostenibili abitudini quotidiane, si pensi al bando della plastica, al regolamento sull’utilizzo dei prodotti chimici, alle misure contro il riscaldamento globale, alla protezione delle nostre identità digitali (GDPR) e al confronto serrato con i big della new economy. Le singole nazioni soccomberebbero in men che non si dica, l’Unione Europea è presidio importante e sottovalutato della difesa di una società all’insegna dei diritti sociali, del welfare e della partecipazione democratica. Senza l’Unione Europea tutto questo sarebbe già stato spazzato via dalla globalizzazione tecnocratica. Per questo guardiamo con grande preoccupazione ad ipotesi di spostamento ad Est dell’asse delle alleanze privilegiate per il nostro Paese.

Il lavoro sta diventando per molti un miraggio e la sua precarietà mina alla radice l’idea che, anche nella nostra Costituzione, lo pone come elemento fondante della nostra convivenza civile. Proteggere chi ha già un lavoro è importante, ma non è più sufficiente, al centro di qualsiasi politica occupazionale devono essere collocati i giovani che non possono avere come unica prospettiva il precariato e la conseguente impossibilità di compiere scelte di vita stabili e socialmente rilevanti. Puntare sui giovani significa rafforzare il sistema della formazione e collegarlo in modo sempre più compiuto con il mondo della ricerca e dell’innovazione e far sì che questi innervino sempre più il mondo del lavoro. Solo i giovani possono dare la spinta necessaria a schiodare la nostra società da un’illusoria chiusura in rassicuranti promesse di protezione che oscillano tra l’assistenzialismo e l’innalzamento di muri culturali e umani che non appartengono alla storia e alla tradizione dell’Italia che ha sempre trovato nella tradizione cattolica e, almeno negli ultimi due secoli, nel solidarismo socialista saldi riferimenti popolari che hanno permesso all’Italia di superare momenti drammatici.

L’immigrazione da fenomeno epocale viene trasformata in emergenza da gestire con metodi spicci e parole ostili nei confronti di chi si trova in condizioni di necessità e viene rappresentato come parte di un progetto di invasione e conquista. Il necessario rispetto dei diritti umani e l’imperativo morale di salvare vite umane vengono dipinti come cedimenti rispetto al diritto dei cittadini italiani ad essere tutelati e difesi da presunti privilegi accordati a migranti ce intenderebbero solo privarci di quanto legittimamente ci spetta. Il fastidio per gli immigrati diventa così rabbia e chiunque non rientri tra i “nostri” diventa un nemico da combattere o un capro espiatorio a cui addossare ogni colpa riguardo le difficoltà che viviamo. Di immigrazione bisogna parlare per immaginare percorsi di gestione virtuosa di un fenomeno che non possiamo cancellare con parole ostili e con l’idea che l’Italia possa isolarsi dal mondo. Di immigrazione bisogna parlare per denunciare lo sfruttamento e il business che porta con sé e che non è degno di una società che voglia definirsi civile. Aprire canali di ingresso regolare in Italia è una prova di forza e una manifestazione di reale voglia di costruire un futuro per noi e per i nostri figli. Chi fa propaganda sulla pelle degli immigrati non vuole risolvere il problema, ma sfruttarlo per incrementare il proprio consenso.

La tecnologia e la scienza non sono una minaccia a una presunta ed idilliaca società naturale. Grazie alla ricerca la qualità della nostra vita si è innalzata, così come la speranza di vita. La tecnologia ci ha aperto prospettiva impensabili fino a un paio di decenni fa, migliorando l’ambente in cui viviamo, allargando la nostra possibilità di relazionarci con gli altri e inaugurando un nuovo stile di vita all’insegna della condivisione (sharing economy) e della possibilità di limitare l’impatto ambientale dei nostri comportamenti. Siamo di fronte a possibilità che i nostri nonni neppure si sognavano, eppure rischiamo di essere prigionieri del presente e di soccombere di fronte a un futuro che percepiamo come ostile e minaccioso. L’incertezza sembra dominare le nostre vite e si scarica soprattutto sui giovani, prigionieri di uno schema in cui gli adulti, con l’illusione di proteggerli, rubano loro spazio e non li incoraggiano a mettersi in gioco. Abbiamo un gran bisogno di sentinelle di cose nuove, capaci di individuare le opportunità che ci stanno di fronte per superare la paura che blocca e far sì che si diffonda una fame di futuro che oggi pare oscurata dalla nostalgia di un passato colmo di sicurezze che non torneranno o che, per meglio dire, non ci sono mai state.
Oggi il rapporto tra scienza e politica sta diventando sempre più conflittuale: crediamo che la politica debba valorizzare le competenze e non pensare di sovrastarle con l’ideologia.

I VALORI E I PILASTRI DELLA NOSTRA PROPOSTA POLITICA

Di fronte alle sfide fin qui descritte, è necessario ribadire alcuni riferimenti fondamentali, a partire dai quali potremo costruire le proposte politiche per il governo a tutti i livelli istituzionali. Sono quelli che potremmo definire i pilastri del Partito Democratico.

IL RISPETTO DELLA PERSONA
Ciascun cittadino è una persona con una dignità propria, che va riconosciuta e promossa per garantire la possibilità di operare libere scelte in ordine al modo in cui vivere con gli altri, nel rispetto delle regole della civile convivenza. Ciascuna persona, attraverso il proprio lavoro, concorre a migliorare il benessere proprio e degli altri. Tutti i cittadini devono avere pari opportunità di realizzare le proprie aspirazioni; le persone devono essere messe nelle condizioni di poter usufruire di un sistema formativo ed educativo eccellente in ogni territorio e di accedere a una sanità che consenta a tutti di avere le stesse identiche aspettative di vita.

IL VALORE DELLA COMUNITÀ
La vita delle persone si basa su relazioni che costruiscono luoghi di condivisione nei quali le persone scelgono di mettere in comune tempo e risorse per concorrere a costruire condizioni di vita migliori, nel rispetto delle esigenze di tutti coloro che vivono in un determinato territorio. Il valore e la centralità dell’individuo sono un patrimonio occidentale di cui fare tesoro, ma, con l’affermarsi di forme di individualismo libertario sempre più pervasive, occorre riconoscere e difendere l’importanza delle scelte collettive che, nell’ottica del bene comune, maturano democraticamente all’interno della società.

L’ATTENZIONE AI PIÙ DEBOLI
E’ fondamentale garantire ai più deboli, ovvero a chi vive situazioni di privazione fisica, psichica e materiale, la possibilità di emanciparsi dalla propria situazione di fragilità e di concorrere, secondo le proprie capacità, alla vita sociale, economica e politica. La fragilità non può essere considerata una colpa o diventare occasione di discriminazione.

L’IMPORTANZA DEL BENE COMUNE
Nel rispetto della libertà delle persone, va promosso e valorizzato l’impegno a costruire occasioni e luoghi di relazione e mutuo aiuto tra i cittadini. La tensione verso il bene comune è elemento positivo per la vita delle persone perché alimenta un valore sociale che migliora la vita di tutti. La società non è la semplice somma di beni e patrimoni privati, ma si fonda sull’esistenza di beni comuni che sono a disposizione di tutti i cittadini. I beni comuni non sono risorsa infinita e vanno tutelati e custoditi.

LA DIFESA DELLA DEMOCRAZIA
Il metodo democratico è il fondamento della convivenza civile e va applicato e garantito a tutti i livelli della vita sociale e politica. La lotta ad ogni tipo di sopraffazione e sopruso è alla base della nostra convivenza. Il potere è del popolo che lo esercita secondo quanto stabilito dalla Costituzione, ovvero attraverso lo strumento della democrazia rappresentativa. Il rispetto della legge e l’impegno contro la corruzione e ogni atteggiamento mafioso sono presupposti fondamentali del vivere comune.

PUNTI QUALIFICANTI DI UN POSSIBILE PROGRAMMA

In conseguenza di queste considerazioni, è opportuno evidenziare alcuni punti fermi programmatici che possono costituire una base su cui innestare le proposte per il governo dei diversi livelli istituzionali.

LOTTA ALLA POVERTÀ E ALLA DISEGUAGLIANZA
L’opzione privilegiata per i poveri e i fragili sta a fondamento di qualsiasi politica di carattere economico e sociale. Le diseguaglianze non possono essere considerate un male necessario o un effetto collaterale di una crescita affidata solo all’accumulo individuale. Una società diseguale ha costi enormi da sopportare e crea tensioni che si trasformano in ostacoli per uno sviluppo equilibrato.

PACE
In un mondo sempre più percorso da tensioni e violenze, l’obiettivo prioritario deve rimanere la costruzione di relazioni tra le persone e i popoli all’insegna del rispetto e della cooperazione. L’Unione Europea, in questo senso, è uno strumento fondamentale per superare nazionalismi e chiusure che rappresentano una minaccia per la pace e un’illusione di autosufficienza in un mondo sempre più interconnesso e interdipendente. Solo lo sviluppo di organismi internazionali autorevoli può frenare una frantumazione regolata solo dalla forza della violenza e delle armi. Anche il problema delle migrazioni dei popoli troverebbe una risposta concreta in un diffuso impegno per la pace.

FAMIGLIA
Al netto del necessario rispetto di ogni persona delle sue scelte e dei suoi orientamenti, la famiglia rappresenta il nucleo fondante della convivenza sociale e va riconosciuta come presidio fondamentale per costruire relazioni stabili e in grado di costruire un futuro all’insegna di una solidarietà sociale. E’ quanto mai necessario favorire un atteggiamento di apertura alla vita che possa contribuire a invertire un trend demografico che vede l’Italia tra i Paesi più vecchi al mondo.
In questo quadro di riferimento dissentiamo dal percorso antropologico proposto da pratiche quali la gestazione surrogata e l’automatismo del riconoscimento di figli nati da un utero in affitto, in coerenza con la legge e con la Corte Costituzionale che ne sottolinea «l’elevato grado di disvalore» poiché «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane». A tal proposito reclamiamo l’urgenza di una regolamentazione in merito, non solo a livello nazionale bensì europeo.

GIOVANI
La giovinezza è ormai uno spazio indeterminato e quasi senza fine, almeno dal punto di vista del dibattito pubblico. Dobbiamo tornare a considerare l’impegno per i giovani una priorità per la società e la politica: investire sulle nuove generazioni è fondamentale per garantire un futuro al paese. Qualificare i percorsi formativi, garantire percorsi di accompagnamento al lavoro e favorire scelte di vita stabili per chi esce dalla fase della giovinezza devono essere priorità sociali e politiche.

CURA DEL TERRITORIO DELL’AMBIENTE
La qualità della nostra vita dipende dalla condizioni dei luoghi in cui viviamo: un ambiente degradato comporta pesantissime conseguenze per chi è costretto ad abitarlo. L’Italia è nota per la bellezza del suo paesaggio, costruito attraverso secoli di attenta e lungimirante opera di salvaguardia del territorio e di cura per la qualità dell’ambiente. Negli ultimi decenni, in nome di uno sviluppo sregolato, abbiamo visto progressivamente deteriorarsi la qualità dell’ambiente e compromettersi l’equilibrio naturale di molte zone del nostro paese. L’impegno contro il dissesto idrogeologico, la limitazione del consumo di suolo e la lotta all’inquinamento atmosferico sono determinanti per garantire la qualità della vita dei cittadini.

SVILUPPO SOSTENIBILE
L’idea di uno sviluppo all’insegna dell’accumulazione infinita di beni è ormai superata. Il PIL (prodotto interno lordo) non è più un indicatore di benessere per una popolazione, che rischia di vedere sempre più compromessa la qualità della propria vita. La priorità non deve essere più l’accumulo di ricchezze che finiscono poi per alimentare la disuguaglianza e non per promuovere lo sviluppo dei territori. Si tratta piuttosto di investire in capitale sociale, rafforzando i legami sociali tra le persone e promuovendo uno sviluppo equilibrato dei territori ponendosi come obiettivo la generazione di valore per tutti e la cura dei beni pubblici.

AUTONOMIE LOCALI E SUSSIDIARIETÀ
La bocciatura della Riforma Costituzionale con il referendum del 4 dicembre 2016 ha interrotto un percorso di revisione dell’organizzazione dello Stato e delle istituzioni territoriali. Alcune regioni, segnatamente Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, hanno iniziato la trattativa per ottenere maggiore autonomia secondo quanto previsto dall’articolo 116 della Costituzione. E’ importante valorizzare un’autonomia che sia espressione di un decentramento virtuoso e della prossimità amministrativa ai cittadini, nel quadro nell’unità della Repubblica e della solidarietà nazionale. Una vera autonomia può esprimere il meglio dell’efficienza amministrativa e della responsabilità politica favorendo le relazioni con i diversi contesti sociali ed economici. Proprio dalla responsabilità riconosciuta a livello di comunità territoriali è possibile costruire risposte territoriali di sviluppo e di crescita, generando nuovo valore economico e sociale, a partire dal lavoro e dagli investimenti, e nuova solidarietà attraverso il welfare generativo territoriale e la contrattazione decentrata.

QUALE PARTITO DEMOCRATICO

La fragilità e la liquidità di questa nostra società hanno minato fortemente l’idea del partito come una comunità di appartenenza che si ponga come riferimento vitale esclusivo per chi sceglie di esserne parte, ovvero il modello di partito che ti accompagna dalla culla alla bara e ti consente di vivere un’esperienza coerente e coinvolgente.
In questo contesto ha senso parlare di un partito rigenerato secondo l’intuizione costituzionale che sta alla base dell’esistenza dei partiti nel nostro sistema democratico: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49).
La Costituzione non delinea una forma precisa di partito, ma ne declina le caratteristiche fondanti che non possiamo pretende rimangano uguali nel confronto con una società che in 70 anni ha radicalmente mutato il suo volto.
Si parla di libera associazione, di metodo democratico e di necessità di determinare la politica nazionale.
Sono tre passaggi che non necessariamente determinano una forma di partito come quella che abbiamo conosciuto e vissuto negli ultimi decenni.

Il partito ha il compito di promuovere un confronto su idee e programmi per individuare proposte per il governo del paese: favorire il confronto e il dibattito e costruire percorsi di sintesi e proposta comune, questo è l’obiettivo di un partito moderno.
E’ necessario lasciarsi alle spalle una stagione in cui era l’appartenenza al partito a contare più che la bontà della proposta politica che era in grado di offrire.
Per questo il Partito Democratico deve diventare luogo di studio, approfondimento, confronto e riflessione diffusi per giungere poi a tracciare sintesi convincenti per il futuro del Paese.
Non basta dirsi comunisti, socialisti, cattolici o ambientalisti pensando, magari con una lacrimuccia che si stenta a trattenere, quanto fosse bello essere parte di partiti che proponevano una visione di mondo coerente e coinvolgente e conquistavano consensi grazie a questa più che alla bontà delle proposte di governo. Il tramonto della stagione delle appartenenze forti, nutrite da un pensiero coerente e strutturato, impegna e declinare nel presente i valori di solidarietà, rispetto delle persone, equità, giustizia, sostenibilità che hanno caratterizzato quelle appartenenze in origine. Abbiamo generazioni di giovani che non hanno vissuto quelle esperienze ma che credono in quei valori fondanti e da attuare ora.
Non ci si può più limitare a dire agli elettori: “fidatevi di noi”. Occorre elaborare proposte persuasive e concrete.
Ciascuno nel PD sarà così chiamato a portare le proprie convinzioni, la propria tradizione, i propri problemi che vanno ascoltati, riconosciuti e rispettati: nel partito si potranno così costruire proposte lungimiranti, credibili, attuabili, ad ampio respiro.

L’apporto al partito non può più essere misurato in base al tempo passato al circolo o ai banchetti, al numero di volantini distribuiti o alle ore di volontariato regalate alla festa territoriale, tutte azioni belle e importanti per creare una comunità ed una appartenenza, ma non certo sufficienti e, da sole, decisive per ottemperare a quanto la Costituzione prevede, ovvero il compito di “determinare la politica nazionale”.
Il partito è luogo di confronto e di sintesi e non può essere guardato con sospetto il fatto che ci siano altre comunità in cui le persone scelgono di giocarsi per poi portare, a partire da quelle esperienze, il proprio contributo al cammino comune. Essere un partito radicato ed attento al territorio e alle persone che vivono in quei luoghi, implica un continuo rapporto con queste comunità, associazioni e movimenti.
Rilevante, in questo senso, il metodo democratico, purtroppo non ancora determinato da una legge nazionale, ma fondamentale non per decidere chi comanda nel partito, ma per determinare le proposte da offrire ai cittadini.
Ben vengano, allora i luoghi di riflessione, chiamateli se volete correnti, purché concorrano a determinare i contenuti della proposta e non a garantire posti e ruoli di comando nel partito e nelle istituzioni.
Le primarie sono la base di un partito partecipativo e democratico, ma non possono essere considerate uno mero strumento per ratificare decisioni già assunte in altri e più ristretto consessi. Obbligatorietà per ruoli monocratici e per la definizione di eventuali liste bloccate, pari possibilità di competere, trasparenza organizzativa, allargamento della partecipazione e rispetto dell’esito finale devono essere i cardini delle primarie a tutti i livelli.
Nell’ambito dell’organizzazione del partito va valutata una riforma del metodo di tesseramento per allargare la partecipazione a un numero maggiore di cittadini, offrendo servizi territoriali aperti a tutti e proponendo forme di adesione più allargate – come l’elenco dei primaristi o dei simpatizzanti – che potrebbero contribuire ad allargare la base attraverso cui eleggere democraticamente i rappresentanti negli organi dirigenziali interni.

Paolo Cova, Paolo Danuvola, Marco Granelli, Roberta Osculati, Fabio Pizzul
Milano, 5 settembre 2018