Matteo Renzi all’assemblea del PD del 18 dicembre l’ha detto chiaramente: al referendum abbiamo perso e duramente. Il 41% in un referendum è una dura sconfitta, cosa diversa dal ricevere 9 milioni di voti in una elezione politica: occorre capirne le ragioni e da lì ripartire. Il voto del 4 dicembre ha chiaramente una valenza politica, segno del fatto che tante persone non hanno più fiducia nella capacità delle istituzioni e della politica di rispondere ai loro bisogni, soprattutto fra i giovani, al sud, nelle periferie e nel ceto medio. Non è stato un giudizio sulla riforma costituzionale, ma politico. Per questo secondo me Renzi ha fatto bene a dimettersi e a proporre al PD due cose. La prima di fare subito la legge elettorale, mettendo sul tavolo una proposta concreta, il mattarellum, che è già stato utilizzato, validato dalla Corte Costituzionale, non di parte perché ha visto vincere destra e sinistra, prevalentemente maggioritario e quindi capace di consegnarci una maggioranza con i numeri per governare. Di fatto significa poter votare prima dell’estate.
La seconda è la proposta non di un tour del segretario del partito in camper per organizzare incontri di facciata, ma di un’azione di ascolto e confronto con la gente realizzata dai circoli del PD nei territori. Mi pare una scelta giusta, che valorizza il PD come comunità ramificata sul territorio. Un “noi” che segna la volontà di imparare dalla sconfitta, di lavorare insieme con umiltà ma con la determinazione di chi vuole fare cose concrete e che servono ai cittadini.
Mi sembra una buona proposta e hanno fatto bene i delegati ad approvarla con 481 voti favorevoli, 2 contrari e 10 astenuti. Ora si tratta di metterla in pratica, andando al voto forti di un programma condiviso nei circoli e nel Paese. Entrando nei contenuti anche grazie a una giornata di mobilitazione in tutt’Italia, il prossimo 21 gennaio, organizzata insieme da tutti i circoli, con il protagonismo della base e della partecipazione. Mi piace anche l’idea del gioco di squadra proposto a tutto il partito, dicendo apertamente che non dobbiamo parlarci addosso o confrontarci per tre mesi su problemi interni in un clima da congresso. Ora è importante ascoltare, approfondire, decidere sui temi veri delle persone: il lavoro, la casa, le infrastrutture per mobilità, l’ambiente, la sicurezza, le scuole, la salute. Se le persone hanno paura del futuro, o anche solo sfiducia che le cose si potranno fare, non si cambia e si cade nell’immobilismo.
Una scelta importante del PD, simile a quello che Milano sta facendo, con l’idea forte e le proposte presentate lunedì scorso alla città con il nome #FareMilano. Il Sindaco Sala infatti è stato determinato: ha chiesto a noi assessori di proporre le priorità per i prossimi anni e di porre per ciascuna tempi e obiettivi quantificabili: su questi vogliamo confrontarci e misurare la nostra capacità di rispondere ai problemi concreti, insieme ai cittadini.
E allora è così che voglio ringraziare tutti per il 2016 ma soprattutto augurare a ciascuno un 2017 che da subito sappia vederci con le maniche rimboccate per costruire un nuovo salto di qualità della nostra città. E insieme a questo un augurio per Natale che per chi crede è il segno dell’opportunità che Gesù ci offre di ricominciare, venendo lui a prenderci nelle nostre difficoltà e quotidianità. Ed è bello che questo Natale porti alla città di Milano un dono speciale, quello della visita di Papa Francesco per il prossimo 25 marzo.