50 anni fa il Parlamento approvava la legge 772/1972 la legge che istituì l’obiezione di coscienza al servizio militare e il servizio civile.
50 anni di storia, centinaia di migliaia di storie di obiettori, io sono uno di quelli, 20 mesi di servizio a tempo pieno, con la Caritas, in zona terremotata abruzzese e poi soprattutto nel quartiere di Bruzzano a Milano, con ragazzi e adolescenti e persone disabili.
Obiezione di coscienza e servizio civile, un concetto forte: fare la Pace significa gestire e prevenire il conflitto, cercando sempre la soluzione; e questo ha a che fare con il servizio alla comunità, difendendola così, e cioè lavorando per prevenire e gestire le situazioni di rischio, di crisi, di conflitto e aiutare a costruire rispetto, legami, coesione sociale, convivenza civile.
Oggi abbiamo tanto bisogno di tornare a parlare di queste cose, nella crisi internazionale che ci ripropone la necessità di difendere la comunità e la libertà di un Paese, e provare a modificare gli eventi per dare risposte alle persone, ai popoli. Ma anche nel nostro Paese abbiamo bisogno di prevenire e gestire il conflitto, lavorare per ricostruire i legami, la fiducia, la coesione sociale. E questo vale per tante sfide ed emergenze attuali: Protezione civile, Ambiente, Sociale, Salute, Cultura.
Serve aiutare le persone ad assumersi le proprie responsabilità, a capire quanto ogni giorno possiamo non urlare il problema e rivendicare le risposte, ma essere parte della risposta. Questo mi ha insegnato essere obiettore di coscienza e fare servizio civile. E forse bisognerebbe pensare come oggi aiutare i giovani, per restituire loro quanto gli abbiamo tolto con due anni di pandemia.
Hanno grandi entusiasmi e chiedono tanto al mondo adulto e hanno grandi aspettative di cambiamento per il futuro. E per questo auguro loro di avere l’occasione e l’opportunità di sfidare i problemi e lavorare per i beni comuni, per i nostri quartieri, per il nostro Paese, per il domani del nostro pianeta, e farlo perché è giusto che ciascuno faccia la propria parte e farlo insieme ad altri imparando a stare insieme a confrontarsi, a sostenersi e correggersi a vicenda, non con i tuoi amici che hai scelto, ma con chi ti vive accanto, fatto così.
Chissà se dopo 50 anni di 772/1972, nasca qualcos’altro che faccia fare esperienze forti e generative ai giovani, che possano così servire la comunità, il futuro e crescere per essere protagonisti. Io penso che ci dovremmo provare: un servizio civile per tutti, per vivere il servizio, per conoscere quanto la comunità, il quartiere, il mondo sia anche nostra responsabilità, per essere protagonisti.