Marco Granelli

Chiusura del campo Nomadi autorizzato di via Idro. La situazione

La chiusura del campo autorizzato di via Idro trova le motivazioni specifiche nella delibera di giunta del 17 agosto 2015, in attuazione delle Linee guida Rom, Sinti e Caminanti approvate dalla Giunta il 23 novembre 2012. Ma in generale, la principale ragione della chiusura è la scelta strategica del Comune di Milano di prevedere la vita nella città delle popolazioni rom, sinti e caminanti non in zone a loro riservate o a campi, ma nel tessuto urbano ordinario, quale punto strategico per una vera integrazione. Tale processo si svolge con azioni specifiche, inquadrate nel sistema e nelle regole esistenti con cui il Comune di Milano interviene nell’ambito del disagio abitativo, lavorativo e sociale per tutti i suoi cittadini.

La presenza delle comunità Rom e Sinti a Milano è stata organizzata in campi autorizzati dove le famiglie vivono in ambiti isolati dal resto della città, spesso periferici, costituiti da piazzuole dove essi hanno poi posizionato roulottes e/o container a uso abitativo e/o case mobili, o comunque dimore di tipo precario. Ogni campo aveva un impianto elettrico collegato a ogni singola piazzuola e servizi igienici comuni. Nel tempo gli spazi comuni sono stati vandalizzati e i collegamenti elettrici bypassati con collegamenti fuori norma, spesso direttamente collegati in maniera abusiva alla rete elettrica pubblica. Il Comune di Milano nel 1998 aveva approvato un regolamento per i campi autorizzati, mai applicato. All’inizio del mandato, a Milano c’erano 7 campi autorizzati: due sono stati chiusi nel 2014: quello di via Novara e quello di via Martirano.

L’altro aspetto della presenza delle comunità Rom, Sinti e Caminanti a Milano è costituito dalla presenza di molti campi non autorizzati in aree o edifici di proprietà pubblica o privata occupati abusivamente. Sono prevalentemente abitati da rom di origine rumena: tra le 100 e 150 persone che vivono in baracche autocostruite, in pessime condizioni igienico sanitarie senza fognatura, acqua corrente e collegamento elettrico. Circa 20 di queste aree sono state sgomberate e messe in sicurezza: oggi ne esistono ancora 4 di media-grande dimensione oltre a diversi piccoli insediamenti molto mobili.

Il campo, autorizzato o abusivo, rappresenta un luogo che isola le persone dal resto della città, le fa vivere ai margini e in condizioni di degrado ambientale, igienico-sanitario e sociale. Le nuove generazioni creano famiglia nel campo a fianco dei genitori, formando di fatto famiglie allargate, spesso in lite tra loro e con notevoli intrecci parentali. Questo contesto di separazione, frutto di una logica segregante da parte della città e adattiva da parte delle comunità, è estremamente fertile nel creare luoghi dove il governo è affidato di fatto alle famiglie che operano in traffici e comportamenti irregolari e sempre più illegali. I reati sono molto diffusi, favoriti dall’isolamento dal resto della città che costituisce un luogo ideale di rifugio, e dal’altra parte, essendo tutte le parti comuni del Comune e non di proprietà dei singoli, luoghi ideali per tenere refurtiva o rifiuti, senza esserne considerati responsabili. Oggi i reati più diffusi sono rapina, furto, truffa, ricettazione, traffico di rifiuti, traffico d’armi e di sostanze stupefacenti, come si può evincere dalla relazione sia della Questura e sia della Polizia Locale per via Idro.

La scelta del Comune è quella di non ritenere il campo la strategia e la metodologia della presenza delle etnie Rom, Sinti e Caminanti in città, per le ragioni illustrate nelle Linee Guida e qui riassunte e per il fatto che ormai da molti anni queste etnie non praticano il nomadismo. Da qui l’avvio a chiudere i campi, sia regolari sia abusivi, riqualificando le aree e cercando di impedire il loro riformarsi e realizzando in parallelo un percorso di accesso a opportunità per l’integrazione abitativa, lavorativa e sociale. Quindi, all’atto della chiusura dei campi autorizzati, o allo sgombero delle aree occupate abusivamente, alle persone dimoranti viene offerto l’accesso a un percorso di integrazione abitativa, lavorativa, sociale che consiste in un sistema di opportunità e di accompagnamento sociale.

Il sistema di percorso e opportunità per l’integrazione è costituito da una pluralità di risposte realizzato in questi anni. La prima risposta è costituita dai Centri di Emergenza Sociale, luoghi di accoglienza emergenziale comunitaria aperti 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno con presenza di operatori, sale per l’accoglienza per 25 persone, cucine e servizi igienici comuni. Gli operatori, nell’arco dei 6 mesi di permanenza massima delle famiglie, effettuano con le famiglie stesse un percorso di analisi della situazione, iscrizione e frequenza scolastica dei minori, primo orientamento verso il lavoro e l’autonomia sociale. In due anni e mezzo (dall’aprile 2013 al settembre 2015 il Comune di Milano ha accolto nei due centri di emergenza sociale (CES) realizzati dal Comune di Milano nel 2012 e con un capienza complessiva di 280 posti, 1.182 persone di cui 498 minori. Di queste a oggi ne sono uscite 919, di cui 471 con percorsi positivi verso strutture di seconda accoglienza (CAA), unità abitative gestite dal Terzo settore, abitazioni autonome. Le altre persone sono rientrate nel circolo dell’illegalità.

La soluzione maggiormente utilizzata per la seconda accoglienza e la continuazione del percorso di integrazione è quella del Centro di Autonomia Abitativa (CAA) costituito da centri gestiti dal Terzo settore in convenzione con il Comune di Milano dove le famiglie sono accolte in unità abitative con la presenza di un custode e l’attività di operatori sociali che affiancano la famiglia nel percorso di integrazione e in particolare nell’iscrizione e frequenza dei minori a scuola, nella formazione professionale e ricerca di un lavoro, nella realizzazione di un autonomo piano di risparmio, nella ricerca di un’abitazione autonoma o attraverso il sistema dell’Edilizia Residenziale Pubblica laddove esistano i requisiti. Il percorso dell’accoglienza nei CAA è calibrato su progetti per singola famiglia in un tempo massimo di due anni. Attualmente il sistema dei CCA realizzati consiste in 3 Centri funzionanti in via Novara, in via Brambilla-via Marotta e in via Ponti per un totale di 220 posti, dei quali 130 attivati a partire dallo scorso 15 ottobre 2015. Al 30 settembre 2015, nei CAA erano state accolte 146 persone, delle quali 50 sono a oggi uscite.

Un’ulteriore proposta di seconda accoglienza è il Villaggio Martirano, simile a un CAA, che accoglie in 20 casette monofamiliare 20 nuclei familiari per circa 100 persone. I nuclei familiari accolti ricevono un accompagnamento sociale come nei CAA per progetti di un anno rinnovabili. Nel Villaggio Martirano sono stati accolti 20 nuclei familiari dei quali a oggi due sono stati allontanati per mancato rispetto delle regole, mentre un nucleo familiare ha lasciato il Villaggio il 13 dicembre 2015 in quanto ha acquistato e ristrutturato un’autonoma abitazione.

Pertanto, per quanto riguarda le risposte di integrazione, in questi anni, le famiglie allontanate dai campi hanno potuto accedere alle seguenti opportunità:

  • per quanto riguarda l’abitare, un sistema di accoglienza oggi nel Comune di Milano ha a disposizione un totale di 600 posti;
  • per quanto riguarda la scuola, tutti i minori sono iscritti alle strutture scolastiche e la frequenza per tutti è elevata e comunque non presenta discontinuità;
  • per quanto riguarda il lavoro, gli adulti hanno avuto accesso al sistema comunale di accompagnamento all’inserimento lavorativo, usufruendo di 83 borse lavoro che hanno a oggi permesso l’attivazione di 50 contratti di lavoro regolare.

Il sistema attivato dalle Linee Guida per il superamento dei campi permette quindi ai nuclei familiari di superare nell’immediato la situazione di precarietà e rischio presente nei campi (regolari e abusivi) ottenendo un’accoglienza in situazioni certamente differenti dalla normale abitazione ma che fornisce un alloggio dignitoso, un contesto positivo, un servizio di accompagnamento per i minori e per gli adulti. La permanenza nel sistema di accoglienza costituisce non una garanzia di autonomia, cosa che l’Amministrazione comunale non può garantire a nessuno, ma la certezza di poter usufruire di un periodo di accoglienza e accompagnamento sociale di circa due anni e mezzo che l’esperienza sta dimostrando capace di fornire concrete opportunità per l’integrazione.

Per quanto riguarda la chiusura del Campo di via Idro, l’Amministrazione comunale ha messo a disposizione delle famiglie il proprio sistema di accoglienza, in ripetuti incontri e visite.A oggi 3 famiglie hanno accettato e dal 13 novembre 2015 sono ospiti del CAA di via Ponti, i loro figli sono iscritti a scuola e stanno frequentando, mentre nell’anno scolastico 2014-2015 erano stati inadempienti all’obbligo scolastico.
Negli incontri avvenuti a partire da metà settembre fino a inizio dicembre tra tutte le famiglie di via Idro con gli operatori comunali, singolarmente e a gruppi e in due occasioni anche alla presenza degli assessori Granelli e Majorino, sono state proposte alle famiglie i CAA di via Marotta 8, di via Brambilla, di via Ettore Ponti, il Villaggio Martirano e secondariamente i due Centri di Emergenza Sociale di via Barzaghi e di via Lombroso. A tutti i nuclei viene quindi garantita una soluzione nell’attuale sistema di accoglienza e intervento del Comune di Milano, completo dei servizi descritti. In particolare per i minori dei 5 nuclei familiari che attualmente stanno frequentando positivamente le scuole, è stato proposto il CAA di via Marotta 8, sito nel medesimo ambito territoriale di via Idro proprio al fine di mantenere l’iscrizione scolastica nei medesimi istituti, avvalendosi anche in questo dell’impegno dell’ente gestore di questo CAA.

Pertanto seppure il passaggio da un campo autogestito a un centro di accoglienza può apparire una riduzione degli spazi fisici a propria disposizione e un cambiamento delle proprie abitudini, e sicuramente è percepito meno accogliente della propria abitazione presso il campo anche se precaria, esso costituisce un miglioramento in quanto:
1. elimina i rischi igienico-sanitari e di folgorazione, esistenti oggi in via Idro;
2. elimina il clima di tensione presente nel campo e il rischio di episodi comportamentali lesivi della persona, soprattutto nei minori;
3. elimina il rischio di episodi di criminalità nel campo, anche a danno delle stesse persone che vi vivono, attaccando quel contesto nel quale i minori sono indotti a comportamenti illegali e di reato (come dimostrato dal recente arresto di due minori per furto pluriaggravato);
4. elimina il rischio di dispersione scolastica ed evasione dall’obbligo scolastico per i minori, realtà certa per la maggioranza dei minori dimoranti in via Idro;
5. favorisce l’accesso al lavoro e all’integrazione socio-abitativa per gli adulti dimoranti in via Idro, presupposto fondamentale per una vera integrazione loro e dei loro figli minori.

Ritengo perciò che la scelta strategica delle Linee Guida Rom, Sinti e Caminanti e la decisione di chiusura del campo di via Idro e gli atti conseguenti siano legittimi, motivati e capaci di rispondere positivamente all’obiettivo di integrazione e di benessere per le famiglie presenti nei campi e in particolare in quelloo di via Idro.

Marco Granelli