Marco Granelli

Lotta al degrado

Il degrado genera insicurezza. L’intera amministrazione ha lavorato a fondo per contrastarlo, riqualificando e animando zone della città che sono tornate a essere luoghi di vita e di incontro per tutti i cittadini. La presenza quotidiana dei 380 Vigili di Quartiere nelle nove zone ha consentito un presidio capillare del territorio anche sul fronte del degrado. Le segnalazioni hanno riguardato le anomalie stradali, dei parchi cittadini e del verde pubblico (scheda), le soste vietate, i veicoli di provenienza furtiva, il graffitismo vandalico (scheda). E, grazie alla continuità dell’azione di sorveglianza e controllo e alla collaborazione con le Guardie ecologiche volontarie (Gev) e Amsa, sono stati affrontati con maggior efficacia gran parte dei problemi di abbandono di rifiuti: in particolare abbiamo tolto dalla strada migliaia di carcasse di biciclette, centinaia di auto abbandonate e individuato decine di discariche abusive.

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Foto di Tiziana Ferrittu

Il degrado che preoccupa i cittadini è anche quello di persone che stazionano in strada, spesso in condizioni di forte disagio fisico e psichico, spesso stranieri e senza una dimora, talvolta in stato di abuso di alcol. In alcuni quartieri abbiamo sperimentato la presenza fissa di operatori di associazioni esperti nella relazione con queste persone, sia per orientarle verso i servizi loro dedicati, sia per attivare azioni appropriate di Amsa, Polizia Locale o altri attori della sicurezza al fine di contrastare i comportamenti negativi e rassicurare i cittadini. Un modello che abbiamo sperimentato a Gratosoglio, in viale Concordia, a Porta Venezia e che si è dimostrato efficace.

Il degrado di una città cresce quando la città cambia e lascia edifici e aree abbandonate. Milano ne ha molte e la crisi economica ha rallentato, se non fermato, i processi di reinvestimento. Palazzi, capannoni industriali, aree verdi, cascine diventano luoghi in cui si rifugiano persone senza un’abitazione e un’occupazione. Spesso diventano il rifugio di chi commette reati, vi si accumulano e vi vengono bruciati rifiuti urbani e industriali, abbandonati liquidi inquinanti, vi proliferano topi e agenti pericolosi per l’igiene pubblica. Alcuni di questi luoghi esistevano a Milano da più di dieci anni: con il nuovo Regolamento edilizio si è costituita prima la mappa di questi luoghi, poi ne è stato attivato lo sgombero e la contemporanea messa in sicurezza, anche attraverso il loro uso temporaneo. Ma per allontanare le persone si è dovuto affrontare il problema a 360 gradi: il degrado umano, sociale, di sicurezza urbana e ambientale.

Nel 2012, per la prima volta, il Comune di Milano si è dotato di un piano organico per la gestione delle problematiche che riguardano Rom, Sinti e Caminanti (PDF), principali abitanti di queste aree. Si tratta di linee guida fondate su tre principi: chiudere i campi abusivi perché luoghi di marginalità contraddistinti da gravi condizioni igienico-sanitarie e di sicurezza per i cittadini e per chi ci vive; realizzare per le persone percorsi concreti di uscita da situazioni di degrado; impedire il riformarsi di insediamenti spontanei mettendo in sicurezza le aree e, se appartengono a privati, convincendo i proprietari a mettere in opera barriere, recinzioni e quanto necessario. Nel 2013 e 2014 sono stati effettuati 388 interventi (più di tre alla settimana) e sono state allontanate circa 5 mila persone, di cui un terzo minori. Gli interventi sono realizzati dalla Polizia Locale, a volte con il supporto delle Forze di Polizia ma sempre con operatori sociali per proporre l’immediata accoglienza emergenziale e temporanea per le famiglie con minori. Per questo sono stati realizzati con fondi governativi due Centri di Emergenza Sociale (che contano oggi 280 posti) gestiti da enti del terzo settore in collaborazione con la Protezione Civile. I centri hanno l’obiettivo di promuovere l’autonomia dei singoli e delle famiglie attraverso progetti di integrazione e la frequenza scolastica dei minori. Dall’aprile 2013 a settembre  2015 hanno accolto temporaneamente 304 famiglie per un totale di 1182 persone, di cui 498  minori: 919  sono state dimesse e di queste quasi la metà (46%) con un percorso positivo, conclusosi con una casa in affitto trovata in autonomia o un pensionato. Il modello di intervento dà molta importanza alla scolarizzazione dei bambini e dei ragazzi: a inizio anno scolastico 2014/2015 nei due Centri sono stati iscritti  7 bambini all’asilo nido, 16  alla scuola materna, 55 alla scuola primaria, 18 alle scuole medie inferiori, 1 alla scuola media superiore e 2 ai centri di formazione professionale. Nell’anno scolastico 2014/2015 la frequenza è stata del 70% (scheda).

Il contrasto all’occupazione abusiva si estende anche agli appartamenti occupati delle case popolari (scheda). E’ obiettivo del Comune liberarne quanti più possibile per assegnarli alle persone in lista di attesa, spesso famiglie oggetto di sfratti che la crisi economica ha moltiplicato. Nel 2014 il Comune di Milano ha sottoscritto con Prefettura, Regione Lombardia e Aler un piano operativo per la prevenzione e il contrasto delle occupazioni abusive di alloggi di Edilizia residenziale pubblica (Erp). Il piano prevede incontri settimanali per stabilire gli appartamenti da sgomberare, a partire da quelli abitati da persone che assumono comportamenti illegali o particolarmente lesivi dei diritti e della dignità degli altri inquilini o che degradano o danneggiano il quartiere e la vita dei suoi abitanti. Prevede inoltre, per tutte le 24 ore e per tutti i giorni dell’anno, l’attivazione e il coordinamento di Polizia di Stato, Carabinieri e Polizia Locale per intervenire al momento di una occupazione abusiva, o comunque non appena sia stata effettuata, così da porre un freno alle continue occupazioni. Per la prima volta in Italia è sempre garantita la presenza di un operatore sociale e la possibilità di un’immediata accoglienza, giorno e notte, giorni feriali e festivi. Con questo servizio, fornito dal mio assessorato, si è superato il problema per cui le Forze di Polizia di fronte a famiglie con minori non potevano procedere allo sgombero, non riuscendo così a rimettere gli appartamenti nel percorso di assegnazione a chi è in lista di attesa. Prima due sgomberi in flagranza su tre non giungevano a buon fine e l’appartamento rimaneva occupato. Ora questo capita solo per uno su quattro. Sono così aumentati gli sgomberi effettuati e gli appartamenti messi in ristrutturazione e rassegnazione. La svolta sta traducendosi in maggiori assegnazioni a chi ne ha diritto e più legalità e socialità nei quartieri.