Il modello di sicurezza partecipata che abbiamo adottato richiede un ascolto continuo. Ho cercato di incontrarmi il più possibile con i presidenti dei Consigli di zona, con i loro delegati alla sicurezza, con i responsabili dei comandi zonali della Polizia Locale, con i dirigenti dei Commissariati e delle Stazioni dei Carabinieri della città, con i comitati dei cittadini e le associazioni ma anche con i singoli cittadini o i loro gruppi informali. Zona per zona ho organizzato incontri periodici, insieme a sopralluoghi e azioni mirate a realizzare progetti di contrasto a specifici fenomeni critici per la sicurezza, come la tutela di un parco, il presidio di una piazza, la chiusura di un mercato abusivo. Consolidando questa modalità di intervento con l’obiettivo di renderla sistematica nella città e strutturale nell’azione di contrasto.
Per fare sicurezza partecipata è cruciale mettere al centro la coesione sociale. La città è ricca di cittadini e associazioni che si occupano del bene comune della città e della qualità della vita del territorio agendo in autonomia, con competenza e progettualità. Occorre mettere insieme le risorse delle persone e delle istituzioni: abbiamo così deciso di sperimentare un modello nuovo che promuove, diffonde, aiuta a crescere e agire reti e progetti di quartiere, unendo Comune, Consigli di zona, associazioni e cittadini, con uno spazio fisico pubblico e risorse comunali. Sono nati 11 progetti di quartiere, avviati con un nuovo modello di bando, quello della cooprogettazione. Trasparente, perché non deve valere la legge degli amici degli amici, e capace di premiare la qualità e la conoscenza del territorio superando le gare al massimo ribasso e i servizi di scarsa qualità calati dall’alto. Due di questi progetti sono stati attivi per quasi tre anni in due quartieri popolari (via Salomone e zona Niguarda): Con-tatto Salomone e Ri-guarda noi. Altri nove, prevalentemente mirati agli adolescenti (“Adolescenti e Sicurezza” prima e “Adolescenti sicuri#Cittadini attivi” oggi) si sono sviluppati su 4 anni. Gli interventi sono volti ad aiutare i cittadini, giovani e adulti, a sentire più loro il quartiere combattendo le azioni di degrado attraverso la cura dello spazio e promuovendone il senso di appartenenza con l’educativa di strada, le relazioni informali, la condivisione delle competenze di ciascuno. Hanno dato vita a nuovi sportelli (luoghi di ascolto, informazione e orientamento) e a laboratori per la collaborazione sui temi dell’abitare (come regole di convivenza e mutuo aiuto tra inquilini), degli spazi comuni (recupero di quelli inutilizzati o mal utilizzati), del lavoro (sostegno alla motivazione, riqualificazione professionale e ricerca di lavoro), dei bambini e delle loro famiglie, degli anziani.
Promuovere la coesione sociale vuol dire così sviluppare legami di comunità, arginare i conflitti e generare una percezione del territorio come bene comune con una ricaduta positiva in termini di sicurezza. Educativa di strada vuol dire contrastare comportamenti negativi (bullismo, bande, vandalismo) e sostenere i ragazzi verso relazioni e stili di vita positivi. Insieme alle risorse del volontariato e di cittadinanza attiva ci siamo attivati in Porta Romana, via Padova, Parco Lambro, al Corvetto, al Gratosoglio, al Quartiere Sant’Ambrogio, in piazza Selinunte e via Forze Armate, a Quarto Oggiaro e alla Bovisa.
Abbiamo poi completamente ridisegnato la rete dei Vigili di Quartiere, stabilita in 380 agenti impiegati a tempo pieno, uomini e donne che girano in bicicletta nelle strade della città (scheda). Li abbiamo formati per essere capaci di ascoltare, consigliare e intervenire, andando a verificare le segnalazioni che giungono dai cittadini e dalla centrale operativa. Con obiettivi prioritari: la presenza davanti alle scuole all’ingresso e all’uscita degli studenti, la vigilanza agli incroci, la segnalazione ad Amsa della presenza di rifiuti abbandonati in strada (da 6.768 nel 2012 a 11.444 nel 2014, più di 31 al giorno; comprese le auto abbandonate e le carcasse di biciclette, ben 3.632). Poi la segnalazione delle anomalie nei giardinetti dei quartieri, il contrasto alla sosta irregolare che rende pericolosa la città a pedoni e ciclisti: nelle doppie file, sulle strisce pedonali, alle fermate del trasporto pubblico, in curva o agli incroci; e gli interventi di aiuto alle persone e di contrasto ai reati. Polizia di prossimità significa anche dare ai cittadini la certezza della vicinanza delle istituzioni. Così è nato anche il Piano di sicurezza e prossimità agli anziani, illustrato nei loro centri di aggregazione e al sistema dei custodi sociali e delle associazioni che lavorano per la terza età (20 incontri a cui hanno partecipato oltre mille persone – scheda). Prevede tra l’altro un numero telefonico dedicato per quando si pensa di essere vittime di una truffa, di un furto o uno scippo; contributi per i danni subiti; l’accesso a un servizio di prima consulenza psicologica e di mediazione sociale; tantissimi incontri e la diffusione in migliaia di copie di un semplice opuscolo che spiega come riconoscere e combattere le truffe. Senza dimenticare che presso la Procura della Repubblica è al lavoro il pool antitruffe in costituito da otto agenti della Polizia Locale.
Abbiamo poi realizzato un piano di presenza e azione nelle quattro principali zone del divertimento e della movida (Arco della Pace, Darsena e Navigli, Ticinese e Colonne di san Lorenzo, corso Como e corso Garibaldi) per promuovere un divertimento sicuro, per i giovani e per i residenti (scheda). Vogliamo una città moderna e giovane tutto l’anno, ma non degradata: per questo la Polizia Locale è presente per reprimere lo spaccio, contrastare l’abusivismo, tutelare i residenti e aiutare i ragazzi a divertirsi senza correre rischi inutili. Inoltre in queste zone abbiamo coinvolto, attraverso convenzioni con il Comune, specialisti del terzo settore con punti di contatto con i giovani per promuovere un consumo moderato di alcol e comportamenti corretti all’interno di un progetto che ha coinvolto anche i gestori dei locali serali e notturni. Una sperimentazione che ha fatto diventare più europea la nostra città.
Abbiamo promosso l’ascolto, anche attraverso il numero verde 800.667733, come base del metodo utilizzato per combattere la violenza di genere, il maltrattamento di famigliari e conviventi (245 denunce e 27 arresti tra ottobre 2014 e novembre 2015), offrendo alle vittime un servizio di aiuto psicologico, consulenza legale e di connessione alla rete dei servizi specializzati.
Fare coesione sociale a Milano significa anche aver visto passare in due anni circa 80 mila profughi in fuga dalla guerra, siriani ed eritrei, dei quali solo poco più di 600 sono rimasti in città. Un passaggio che ha visto Milano mobilitarsi, riunendo istituzioni, associazioni e cittadini per realizzare un sistema di accoglienza che è stato capace di fare prima accoglienza e orientamento per 400 persone al giorno e far pernottare anche 1.300 profughi a notte. Con Polizia Locale e Protezione Civile in prima fila, insieme alle Politiche sociali, per mostrare un’azione nuova del Comune e il volto accogliente della città.
Fare coesione sociale significa anche lavorare lavoro comune tra Polizia Locale e associazioni e Protezione Civile per combattere la sfida delle persone che vivono in strada. Ne è nata una modalità di impegno costante, un sistema che ha portato da 1.300 a 2.700 i posti disponibili ogni notte per pernottare al riparo e al caldo, in sicurezza. Siamo consapevoli che quanto abbiamo realizzato non basta: occorre insistere perché i tristi bivacchi dei senza dimora diminuiscano ancora.